valentina esposito
fotoreporter
Italo Calvino, intervistato da Carlo Gajani sulle motivazioni che portano il soggetto ad esprimere una certa insicurezza nel farsi ritrarre, rispose:
“Farsi fotografare (o comunque ritrarre) è produrre un’immagine di se stessi. Da ciò derivano le due preoccupazioni che contribuiscono all’incertezza: quella della convinzione inconscia che il ritratto sia opera non del ritrattista ma della nostra faccia che atteggiandosi diversamente, offrendosi alle luci e alle ombre produce diverse immagini; e quella del rivelare (anche a noi stessi) ciò che si è, al di là dell’immagine che vogliamo dare. Si finisce insomma per considerare ogni ritratto autoritratto, allo stesso modo che, nell’universo estetico moderno, l’artista o lo scrittore, qualsiasi cosa rappresenti, è cosciente di ritrarre se stesso, sempre con una buona parte di calcolo. L’incertezza di fronte all’obbiettivo misura la distanza tra la parte dell’io intenzionale e quella dell’io sconosciuto. O forse il carattere illusorio di entrambe.“
Cos’è quindi il ritratto? È un atto di coscienza di sè, per il soggetto. È un atto di conoscenza dell’altro, per il fotografo. Il verbo ritrarre è ambivalente, possiede tra gli altri due significati che spiegano perfettamente quanto il ritratto sia un tema complesso: il primo è “trarre fuori“, il secondo è “tirarsi indietro“, “sottrarsi”.
Quando mi trovo davanti al soggetto e riesco a “trarre fuori” è lì che sento di aver fatto bene il mio lavoro, e ne sono felice. Visita la gallery per scoprire gli ultimi ritratti eseguiti, in studio e in location.